Il dipartimento di Stato americano fa in modo che Twitter rimanga aperto e rimandi la manutenzione, i Guardiani della rivoluzione iraniana cercano di imporre la rimozione dal sito di “qualsiasi materiale che possa creare tensione”, per usare le loro stesse parole, pena azioni legali.
Ma i veri protagonisti di questa incontrollabile protesta online sono gli utenti di Twitter che, al ritmo di un post al secondo, tengono insieme le voci di quanti stanno seguendo quel che accade nella capitale. Le chiavi di ricerca sono “Tehran” e “Iran election”. Con il solo limite di 140 caratteri, in queste ore viene convocata una marcia silenziosa di protesta alle 5 del pomeriggio, ora locale, chiedendo a tutti di vestirsi di verde. Al fine di proteggere l’identità dei bloggers che aggiornano dall’Iran, il passaparola suggerisce che ognuno cambi nel proprio profilo personale la località di provenienza, segnando Iran e l’ora locale più 3.30 Gmt.
Altra forma di rendere anonimi i twitters iraniani è quella di usare un server proxy. Sul sito si trovano le informazioni per farlo. Le altre forme di supporto all’azione di Twitter, in un potente gioco di rimando, sono segnalate dagli stessi utenti. Ad esempio, The Pirate Bay, sito di file sharing, ha messo in home page una richiesta di aiuto online per la protesta iraniana. La maggior parte dei reportage e interviste su quanto sta accadendo nel Paese in queste ore è già diventata link sui post. Nessun dettaglio rimane indietro: ci sono anche accuse di uso disinvolto di photoshop da parte del regime per modificare alcune foto.
Secondo il New York Times, l’amministrazione Obama ha capito che Twitter può cambiare la storia in Iran. Un servizio che fino a 4 anni fa non esisteva, e che ha dimostrato in queste ore di poter aggirare sia i divieti di ayatollah che le attività di manutenzione tecnica.
C. Guimaraes