Caccia ai pirati britannici

Dopo la legge Hadopi in Francia, anche la Gran Bretagna ha approvato il suo progetto di legge antipirateria, il Digital Economy Bill. Mentre la Spagna va nella direzione opposta

La legge, che ha avuto l’appoggio anche del partito conservatore, prevede che siano gli internet service provider ad intimare agli utenti del peer to peer di interrompere la loro attività, mentre sarà l’Ofcom (l’authority delle comunicazioni) a decidere se sospendere le connessioni.

La normativa impone il blocco dell’accesso a siti web che contengono contenuti illeciti e che forniscono link a contenuti illeciti.

 

Protesta il Movimento Scambio Etico: Disconnecting UK

“Un Parlamento britannico deserto approva il Digital Economy Bill, una legge che conferisce potere assoluto su Internet al governo inglese. Disconnessioni senza processo, responsabilità agli ISP per i contenuti veicolati dai clienti, censura discrezionale del World Wide Web e registrazione dei domini controllata dal governo stesso sono gli ingredienti forti, in spregio a diverse direttive europee, del piatto preparato dalle major dell’intrattenimento e votato da politici definiti da Richard Stallman dei clown. L’Unione può tollerare di avere al suo interno uno stato che non riconosce l’autorità delle istituzioni europee, uno stato che antepone ai diritti fondamentali dei cittadini gli interessi di una manciata di industrie?”

La Spagna in senso opposto

Con una sentenza giudicata storica dalla stampa spagnola, un tribunale di Barcellona il mese scorso ha assolto il primo sito ‘peer to peer’ ad essere stato portato in tribunale, con l’accusa di reato contro i diritti d’autore.
Il giudice ha stabilito che offrire link che rimandano ad altri contenuti – anche coperti da copyright, come succede nei P2P – non è illegale. “In senso lato”, spiega la sentenza, “il sistema di links costituisce la base stessa di internet ed una moltitudine di pagine (come Google) fanno ciò che si vuole impedire con questa causa”.

Ok delle case dicografiche

L’ IFPI, che rappresenta circa 1400 aziende discografiche a livello internazionale, tra grandi ed indipendenti, ha sottolineato che la normativa è un grande esempio anche per altri Paesi.

Il Presidente di IFPI, John Kennedy, ha dichiarato: “L’approvazione della nuova legge del Regno Unito crea slancio per un approccio simile verso altri paesi nella lotta contro la pirateria. I governi sempre più coinvolti in un’economia digitale, devono capire che in tale contesto le industrie creative come la musica, i film, i libri e giochi, possono guidare la crescita ed incidere fortemente anche in molti equilibri socio economici, come nell’ambito dell’occupazione, attraverso l’adozioni di leggi innovative ed attivita’ di repressione del fenomeno della pirateria in collaborazione con gli ISP. Ci auguriamo che questo spinga maggiore attenzione e faccia comprendere l’urgenza di misure simili in altri paesi in cui il dibattito è in corso”.

Ora anche in Italia

Per Enzo Mazza, Presidente di FIMI, ” Si tratta di norme che, adottate in Italia, insieme al già efficace quadro normativo esistente, ma scarsamente applicato, potrebbero fornire uno scudo efficace contro la contraffazione digitale. Questo consentirebbe alla produzione creativa italiana di svilupparsi, purtroppo però il nostro Paese, già indietro nella diffusione della banda larga e delle tecnologie per la diffusione dei contenuti online, senza dotarsi di misure urgenti, rischia di rimanere ai margini dell’ Europa e leader incontrastato dalla pirateria, unica area dove l’Italia eccelle”.

Pirateria e posti di lavoro

Recentemente lo studio indipendente europeo TERA ha valutato il risvolto della pirateria digitale sull’economia del lavoro in Europa. Nel 2008, le industrie creative dell’Unione Europea, cinema, musica, televisione e software, hanno offerto un contributo pari al 6,9%, circa 860 miliardi di euro al totale del Pil europeo, con una quota del 6,5% dell’occupazione totale dell’UE, pari a circa 14 milioni di lavoratori.

Nel 2008, rileva lo studio, a causa della pirateria – e principalmente della pirateria digitale – le industrie creative dell’Unione Europea (cinema, serie televisive, produzione musicale e software) hanno registrato perdite pari a 10 miliardi di euro e perso 185.000 posti di lavoro. In Italia i danni sono stimati in 1,4 miliardi di euro con 22.400 posti di lavoro perduti.

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