Riuscirà il web a fermare la Marea Nera?

La Bp alza bandiera bianca. Dopo inutili tentativi di bloccare la fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico,  la compagnia petrolifera che lo ha causato si è rivolta alla Rete, chiedendo come limitare il disastro ambientale che minaccia le coste meridionali degli Stati Uniti.

La British Petroleum ha messo a disposizione il proprio sito web e  numeri verdi validi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, e si dice  pronta a far esaminare ogni ipotesi ai propri ingegneri e tecnici. Saranno loro a stabilire la fattibilità dei singoli progetti. Le proposte finora sono alquanto bizzarre.

 

Sparaballe
La polizia della Florida per esempio ha suggerito di inviare chiatte galleggianti al largo dei 50 chilometri di coste incontaminate, riempite con gigantesche balle di fieno e dotate di compressori per ‘spararle’ nelle acque oleose. Il fieno si aggregherebbe al greggio e renderebbe più agevole rimuoverlo dall’acque.

 

Isole artificiali
Un anello di isole artificiali per proteggere le coste dalla marea nera proveniente dal Golfo del Messico è l’idea delle autorità della Louisiana. Secondo il ‘Washington Post’ il piano prevede la costruzione di un cordone di isole lungo circa 110 chilometri – ottenuto dragando sabbia e fango dal fondale marino – da depositare lungo le coste esterne delle isole della Louisiana. Un simile progetto dovrebbe essere preceduto seri studi di impatto ambientale, ignorati data la gravità della situazione. Tra i territori a rischio contaminazione ci sono diverse isole ritenute veri e propri patrimoni naturalistici, come il “Breton National Wildlife Refuge”.

 

Tappo di rifiuti
L’ammiraglio Thad Allen, comandante della Guardia Costiera, ha suggerito di sparare rifiuti plastici – copertoni e palline di golf – nella conduttura danneggiata per ostruirla e fermare la perdita di greggio. Ma il rischio è che,  se questo ‘tappo’ saltasse, il petrolio finisca in mare a una velocità 12 volte superiore  a quella attuale.

 

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Per seguire l’evoluzione della vicenda, si può cercare su Twitter ‘Oil_spill_2010’ e, su Facebook, ‘Deepwater Horizon Response’.

(c.g.)

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