Il digital divide mentale

Ultimi tra i Paesi del G8, perdiamo tre posizioni in classifica: siamo al 22/mo posto  tra i 25 Paesi più avanzati nell’uso della broadband. Intanto la  Svezia supera gli Stati Uniti e tutta l’Europa del Nord accelera lo sviluppo del digitale. 

 

Parliamo di banda larga e dei risultati della “Connectivity Scorecard”, la classifica annuale che misura il livello di connettività delle nazioni in base alle infrastrutture e all’utilizzo di tecnologie da parte di cittadini, imprese e apparato statale.

Il nostro Paese si conferma in fase di involuzione digitale: secondo la classifica, l’Italia è scivolata di tre posizioni rispetto al 2009, seguita soltanto da Ungheria, Polonia e Grecia. Ma è tutta l’Europa digitale a muoversi a due velocità.

Oltre alla Svezia, al terzo posto c’è la Norvegia, seguita da Danimarca, Olanda e Finlandia, tutte con uno ‘score’ che non si discosta molto (da 7.95 a 7.26). L’Italia, con uno ‘score’ del 4.35, è al di sotto della media dei Paesi più industrializzati e meno performante di Singapore, Hong Kong e Repubblica Ceca.

Non è mai troppo tardi

Commissionata da Nokia Siemens Network e presentata a Roma, la ricerca parte dal presupposto che il primo digital divide è soprattutto mentale. E prende a prestito un personaggio caro alla Rai, il Maestro Manzi di “Non è mai troppo tardi”.

Come negli anni 50, infatti, la precondizione del miracolo italiano fu l’alfabetizzazione del Paese, oggi l’obiettivo deve essere l’accesso globale alle nuove tecnologie istruendo tutta la popolazione all’enorme vantaggio della digitalizzazione. Questo prerequisito potrebbe garantire la vera e veloce modernizzazione del Paese, il deciso balzo in avanti del Pil, un mercato fresco pronto ad accogliere le innovazioni. Ma lo sforzo dev’essere di tutto il ‘sistema Paese’, osservano.

La ricerca è stata eseguita dalla Haskayne School of Business, Università di Calgary e dai consulenti internazionali della LECG e sottolinea con chiarezza che la strada che l’Italia deve percorrere è più lunga di alcuni anni fa, avendo il nostro Paese perso diverse posizioni nel ranking della ricerca.

Analfabeti digitali

Il maestro Alberto Manzi fu autore e conduttore di una leggendaria trasmissione che, tra il 1960 e il 1968, consentì a 1.400.000 italiani di ottenere un titolo di studio grazie alla trasmissione “Non è mai troppo tardi”. Molti di più, seguendo le lezioni del maestro, furono quelli che impararono a leggere e scrivere, superando un gap che all’epoca divideva il nostro Paese in due.

Da tempo si sostiene che «digital divide» ci mette in una condizione simile: il Paese è diviso tra chi sa usare il computer e Internet e chi no. Per provare a offrire una possibile soluzione, la Rai aveva prodotto tra il 2006 e il 2008 una nuova serie di trasmissioni, 120 in tutto, intitolate ‘Non è m@i troppo tardi’ e un sito internet con lezioni interattive.

“Il nostro compito è ancora più difficile rispetto a cinquant’anni fa», aveva detto Giovanni Minoli, allora responsabile del progetto per conto di Rai Educational, all’epoca del lancio. “Gli italiani di allora erano consapevoli che essere analfabeti impediva la partecipazione alla vita sociale del paese. Gli analfabeti informatici devono ancora comprendere che l’utilizzo delle nuove tecnologie è indispensabile per essere pienamente cittadini”, concludeva Minoli.

I tempi, da allora, non sembrano molto cambiati.

(c.g.)

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