Giovanissimi dipendenti che si lanciano nel vuoto dal tetto della fabbrica cinese: sono 11 solo nel 2010. Una delle più grandi aziende di componentistica, fornitrice di Apple e Sony Ericsson, accusata di maltrattamenti dei dipendenti, ora pretende da loro un impegno formale a non uccidersi. E il proprietario avverte i giornalisti: non pubblicate notizie senza verifica. Intanto, le aziende committenti vogliono vederci chiaro.
Dopo l’ondata di suicidi tra i suoi dipendenti nella Cina meridionale, i vertici della Foxconn, produttrice dei componenti di quasi tutto l’iPhone, hanno chiesto agli impiegati un impegno, formale e per iscritto, a non togliersi la vita.
Il ‘Southern Metropolis Daily’ pubblica la foto di un uomo che mostra una lettera, su carta intestata della Foxconn, che tutti i dipendenti avrebbero dovuto firmare. Nel testo la ditta, dove si realizzano componenti per i principali marchi mondiali dell’elettronica come Apple e Sony Ericsson, chiede ai suoi dipendenti di non farsi del male e a denunciare ai propri superiori eventuali difficoltà o problemi.
Nel testo si richiede addirittura che gli impiegati autorizzino l’azienda a sottoporre coloro che abbiano un “comportamento mentale anormale” a trattamenti medici.
Catena di suicidi
Negli ultimi cinque mesi, 11 impiegati della Foxconn con sede a Shenzen si sono gettati da altissimi edifici e nove sono morti.
Degli 80.000 impiegati della Foxconn, 42.000 lavorano nella fabbrica di Shenzhen. Il caso più recente è quello di un giovane dipendente, anche lui morto dopo essere caduto dal tetto della fabbrica di Shenzhen. Le autorità stanno ora indagando per stabilire se si sia trattato di incidente o se, più probabilmente, sia un altro caso di suicidio. Secondo quanto dichiarato da Chen Hongfang, del sindacato dei lavoratori dell’azienda, il 19enne Li Hai lavorava alla fabbrica di Shenzhen da appena 42 giorni. Prima di morire aveva scritto una lettera a suo padre, chiedendo perdono per non poter più prendersi cura di lui. “Sono un incapace, ho quello che mi merito”, recitava il messaggio.
Giornalisti, non scrivete
Il proprietario della fabbrica, nonché del colosso taiwanese Hon Hai Precision Industry Group, Terry Kuo, ha sollecitato i giornalisti a non scrivere della morte del ragazzo prima di aver visitato la fabbrica. “Inviteremo molti giornalisti di Taiwan e stranieri a visitare lo stabilimento – ha dichiarato – Dopo averlo visto potrete scrivere”. Proprio ieri, Terry Kuo aveva deciso di rompere il silenzio sull’argomento, respingendo le accuse di maltrattamento dei dipendenti.
Prima di quello di Li Hai, l’ultimo suicidio nello stabilimento di Shenzen era avvenuto venerdì scorso, quando il 21enne Nan Gang è salito in cima all’edificio della fabbrica di quattro piani e si è gettato nel vuoto.
Apple e alti corrono ai ripari
Apple, Dell e Hewlett-Packard hanno avviato indagini per verificare le condizioni di lavoro dopo i suicidi avvenuti alla Foxconn.
Lo riporta il Financial Times, che così commenta la notizia: “i suicidi hanno costretto la solitamente discreta e silenziosa Foxconn, che produce smartphone e macchine fotografiche digitali per alcune delle maggiori società al mondo, a una maggiore apertura sulle pratiche di lavoro utilizzate. Apple, uno dei maggiori clienti di Foxconn, ha dichiarato che una squadra americana sta esaminando le azioni prese dalla società taiwanese per gestire i tragici eventi che si sono succeduti e continuerà a ispezionare gli impianti dove i suoi prodotti sono realizzati”.
Hewlett-Packard ha reso noto di aver avviato indagini “sulle pratiche Foxconn che potrebbero essere legate ai suicidi”.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, Foxconn avrebbe chiesto ai dipendenti di firmare un foglio in cui si dichiarano d’accordo sul fatto che la società si faccia carico solo delle spese legali per eventuali incidenti non causati da dipendenti, inclusi i tentativi di suicidio. Un manager della società taiwanese ha precisato che alle famiglie dei dipendenti morti sono stati concessi dei fondi ma il management teme che la pratica possa incoraggiare suicidi a catena.
(c.g.)