L’8 settembre segnerà una data storica per gli animal, ma in senso negativo. Il Parlamento europeo voterà il testo definitivo della direttiva sulla vivisezione, meno restrittivo rispetto alla normativa in vigore. E in Rete partono le raccolte di firme per bloccare il provvedimento. Peccato che ormai sia troppo tardi.
“Europarlamentari, votate no, respingendo il testo di revisione della direttiva europea sui test sugli animali, che conferma un’inutile barbarie”.
Gira in Rete l’appello rivolto ai componenti del Parlamento europeo, che l’8 settembre voterà, in seconda lettura, il testo già approvato. Si tratta della revisione della direttiva 86/609 sulla sperimentazione su animali che risale, appunto al 1986.
Torturati tre volte
Il nodo centrale della direttiva è stato ben charito da David Pierluigi sul ‘Fatto quotidiano’: “Esperimenti su animali randagi e domestici. In poche parole cani e gatti. Utilizzando metodi da tortura come l’isolamento forzato, il nuoto forzato o altri esercizi che portano inevitabilmente all’esaurimento (morte) degli animali. E non è finita, perché se l’intensità è “moderata”, l’esperimento sulla stessa bestiola si può ripetere”.
Troppo tardi
Il problema da evidenziare sul nuovo testo (contestato in Italia dal ministro Michela Brambilla, dal sottosegretario Francesca Martini e dall’oncologo ed ex ministro Umberto Veronesi), è che le modifiche apportate sono più permissive di quanto preveda la legge italiana in materia di esperimenti su animali viventi.
Come osserva la Lega antivivisezione (Lav) “purtroppo, però, il nuovo testo della direttiva si può considerare definitivo, rappresentando il voto dell’8 settembre solo una formale approvazione. L’iter di revisione di questa importantissima legge è iniziato nel 2008 e da allora la Lav, insieme alle Coalizioni europee Eurogroup ed ECEAE.
Rimettere in discussione questo testo, adesso, presenta il concreto rischio di perdere anche i punti positivi faticosamente mantenuti e darebbe la possibilità di inserire integrazioni peggiorative suggerite dalla potente industria farmaceutica. A questo punto è fondamentale, invece, che nell’iter di recepimento della Direttiva come Decreto nazionale il Governo italiano informi la Commissione europea delle disposizioni nazionali in modo da mantenere i punti positivi già presenti nel Decreto vigente (D.lgs. 116/96) e integrarli con quelli europei”.
Ultima spiaggia, i social network
Una possibilità ancora c’è, quindi: che il governo italiano confermi le misure più restrittive della propria normativa, del 1996, quando la direttiva Ue entrerà in vigore. Almeno in Italia, qualche cavia in più si salverà. La forte mobilitazione avviata su Facebook (una decina i gruppi creati, peccato si perdano in tanti rivoli, ndr), con un appello a dire no al nuovo provvedimento che ha raccolto migliaia di adesioni sul social network, potrebbe rafforzare questa residua possibilità.
(celia guimaraes)