Il computer ha “ingannato” l’uomo e superato il Test di Turing? Sì, forse, no.
Si tinge di giallo il risultato di un esperimento alla Royal Society di Londra secondo cui “un pc ha convinto oltre il 30% delle persone chiamate a giudicarlo di essere un ragazzino di 13 anni” dimostrando quindi di essere dotato d’intelligenza.
Si sottolinea l’astuzia di Kevin Warwick, ricercatore dell’Università di Reading e autore dello studio, di aver scelto un bambino ucraino di 13 anni come soggetto da emulare via software. In tal modo avrebbe condizionato i giudici, più propensi a tollerare qualche incertezza nelle risposte e nell’uso della lingua inglese.
Non convincono neppure i criteri assunti nell’esperimento, il quale si considera superato se il computer inganna l’interlocutore per oltre il 30% delle risposte, in 5 minuti di conversazione.
In realtà Turing non ha mai imposto tali limiti. La sua era piuttosto una previsione per il futuro. Nella sua pubblicazione, “Computing machinery and intelligence“, scrive infatti: “Credo che tra circa 50 anni, sarà possible, per i computer […], eseguire il “Gioco dell’imitazione” così bene che un interlocutore medio non avrà più del 70% di possibilità di compiere la giusta identificazione, dopo 5 minuti di conversazione“.
Infine non è vero che si tratta della prima volta che un software superi il 30% delle risposte. Già nel 2011 Cleverbot fu sottoposto al Test di Turing e fu giudicato essere al 59,3% umano.
“È una balla spacciata da un ricercatore, Kevin Warwick, già noto per le sue dichiarazioni roboanti e del tutto prive di fondamento scientifico”, scrive Paolo Attivissimo sul noto blog “Disinformatico“, tra i primi a dubitare dell’esperimento.
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