Qwant e la ricerca del motore etico

 

“Voi credete di andare sul social network per interagire con i vostri amici e gli amici dei vostri amici? Niente affatto: state soltanto interrogando un database”.

Una visione suggestiva  senza dubbio, al netto del rigore scientifico. Il riferimento a Facebook e allo scandalo Cambridge Analytica non è casuale: da giorni è l’argomento del giorno, sminuzzato nei più piccoli dettagli in articoli di stampa e approfondimenti tv.  Uno scandalo dal ‘timing’ perfetto per essere servito  su un piatto d’argento alla vigilia dell’adozione del GDPR, il nuovo regolamento europeo che cambierà i parametri sulla privacy e la tutela dei dati personali dei cittadini Ue.

La tutela dei dati uguale per tutti: ecco come l’Ue cambierà la nostra privacy

Éric Léandri

A puntare il dito contro il social network  – e la nostra (presunta) ingenuità di utenti – è Éric Léandri, presidente e fondatore del motore di ricerca francese Qwant, un “modello alternativo basato sull’etica” perché non traccia l’utente, vale a dire non utilizza strumenti di profilazione. E visto che i dati sono il vero combustibile dei motori di ricerca, per farne a meno Qwant si affida ad un modello economico fatto da un mix tra azionisti e sostenitori finanziari di cui i più importanti sono il colosso editoriale Axel  Springer,  Caisse Dépots et Consignations – equivalente alla Cassa depositi prestiti italiana – e Bei, la Banca europea per gli investimenti.  L’obiettivo è quello di conquistare, entro il  2021, dal 5 al 10% del mercato europeo.

Come funziona Qwant, il motore di ricerca che rispetta la privacy, consigliato da Anonymous (di Arturo Di Corinto)

Léandri (“fanatico della cybersecurity” secondo un suo stretto collaboratore)  difende l’apertura del mercato dei motori di ricerca – oggi in mano a multinazionali tecnologiche ‘born in the Usa’ e il riferimento a Google anche qui non è affatto casuale –  in quanto “solamente un mercato plurale può essere garanzia di completezza e possibilità di scelta e solo la presenza di molteplici attori  può permettere al web di restare un luogo democratico in cui le persone possono fruire di un’informazione libera fatta di contenuti oggettivi e non basati su ciò che i motori sanno di noi. È necessaria un’alternativa europea che, tra l’altro, abbia i propri server e infrastrutture in Europa a garanzia della difesa dei dati delle persone”.

Di tutto questo si è parlato durante un incontro presso l’Ambasciata francese a Roma, presenti gli ambasciatori di Francia e Germania, Paesi che si candidano a fare da guida anche in tema di privacy, oltre che su mercato e concorrenza. Giovanni Buttarelli, Garante Europeo della Protezione dei Dati, ha partecipato via Skype (“La nuova normativa rappresenta uno strumento di democrazia moderna e si pone come mezzo cardine della cybersicurezza”, ha detto),  mentre Giovanni Pitruzzella, Presidente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato  ha ricordato come “violare le regole della privacy e profilare una persona a sua insaputa non significa soltanto violare i diritti dei consumatori, ma anche alterare il level playing field “.

Riflessioni in tema di privacy e di libera concorrenza  in un momento in cui gli avvenimenti a livello mondiale (vedi la vicenda Cambridge Analytica) la necessità di regole chiare (come  la proposta Ue di una web tax sulle multinazionali digitali)  e le garanzie sui dati personali  (con l’entrata in vigore del nuovo GDPR) vedono delinearsi in modo netto le visioni divergenti di Stati Uniti e Europa.

Celia Guimaraes @viperaviola

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