In Australia è passata la legge, del tutto inedita, che obbliga i colossi del web a pagare gli editori per i contenuti condivisi attraverso le loro piattaforme: un provvedimento che potrebbe essere preso come esempio in altri Paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, e che potrebbe frammentare Internet così come la conosciamo, con conseguenze positive ma anche negative
Da “Tanti auguri www”: la festa del 2011 per il papà del web, Tim Berners-Lee
Resta il fatto che il testo definitivo attenua la rigidità dei punti più contestati dalle Big Tech. E’ stata vera vittoria? E per chi? Ne parliamo con Carola Frediani, giornalista, scrittrice e autrice della newsletter Guerre di Rete.
Shira Ovide, giornalista tech del New York Times, afferma che “l’idea utopica era che Internet [dei primordi] avrebbe aiutato ad abbattere i confini nazionali, ma per decenni analisti di tecnologia sostenevano che, invece, [la Rete] potrebbe alzare le barriere ancora di più”. Oggi siamo di fronte alla minaccia di frammentazione della rete e alcuni esempi sono sotto gli occhi di tutti, osserva ancora Carola Frediani:
“Splinternet“, anche secondo l’avvocata indiana Mishi Choudhary, intervistata da Ovide, è una frammentazione già reale. Choudhary lavora per una ong che rappresenta i diritti degli utenti del web e degli sviluppatori di software e sostiene che, fino a circa dieci anni fa, i governi non avevano compreso appieno il potere di Internet.
Adesso invece vogliono averne maggiore controllo, per ragioni allo stesso tempo positive e negative: “I governi sono molto potenti e non amano essere scavalcati”, afferma. Cosa succederà se – o per meglio dire, quando – Internet diventerà Splinternet?
Celia Guimaraes @viperaviola