Nata come principessa delle favole del cinema, è fallita in meno di sei mesi come la più banale delle startup della Silicon Valley. La velocissima ascesa e caduta di Quibi, piattaforma innovativa su cui grandi nomi del tech hanno investito due miliardi di dollari

(quibi.com)
Quibi significa quick bites – morsi veloci – e voleva essere una formula innovativa nell’affollato panorama dei servizi di streaming. Lanciata ad aprile, era una piattaforma pensata apposta per ‘mobile’, con un catalogo di video brevi, dalla durata tra sette e dieci minuti. Abbonamenti mensili a 8 dollari, senza pubblicità, 5 dollari con gli spot. E con un target di pubblico ben preciso: giovane, pronto a fruire dei video ‘on the go’, esclusivamente su smartphone, in orizzontale e verticale.
Potenza di Hollywood

Jeffrey Katzenberg (Ansa/EPA/JULIEN WARNAND)
L’idea era stata concepita da Jeffrey Katzenberg, che ha dalla sua un curriculum di peso: per dieci anni presidente dei Walt Disney Studios (1984 al 1994), è considerato fautore di successi come La sirenetta, La bella e la bestia, Aladino, il Re leone, poi co-fondatore e Ceo della DreamWorks Animation, dove ha tenuto a battesimo film d’animazione come Shrek, Madagascar, Kung Fu Panda, Monsters versus Aliens.
Per il lancio Quibi, Katzenberg è stato chiamato da tutte le principali reti tv americane, e ha definito la piattaforma un ‘safe harbor’ una sorta di casa felice – e legalmente protetta – per i creativi, dove i filmmaker avrebbero potuto portare short movie e shows, conservandone però i diritti d’autore sulle opere, una concessione non da poco nell’ambiente.
Una formula seducente, che aveva attirato – e poi deluso – anche i grandi network come Nbc e Cbs, che avevano subito cominciato a produrre news in formato ‘Quick bites’. Potenza del nome Katzenberg, che a Hollywood non è proprio l’ultimo arrivato.
What went wrong?
“La chiusura anticipata di un progetto come Quibi racconta l’evoluzione dei consumi digitali dei pubblici e di come sia difficile intercettare l’attenzione in questo tempo necessariamente casalingo ma multitasking”, osserva Giampaolo Colletti, giornalista ed esperto di media digitali.
“La virata dell’industria dell’audiovisivo dal grande schermo a quello miniaturizzato degli smartphone non ha sortito gli effetti sperati. Quibi avrebbe dovuto rappresentare una tv miniaturizzata fruibile esclusivamente sui dispositivi mobili. Una tv da sgranocchiare con ‘piccoli bocconi’, questo il senso del nome, con un servizio di streaming a pagamento e col coinvolgimento delle star di Hollywood: Jennifer Lopez, Idris Elba, Bill Murray, Sophie Turner, Steven Spielberg, Chrissy Teigen. Ma di fatto è un altro effetto collaterale digitale dello tsunami legato alla pandemia: Quibi avrebbe dovuto allietarci in fila da Starbucks o in metropolitana, ma nel frattempo il mondo è cambiato totalmente e la startup si è trovata a competere nel salotto di casa coi colossi di Sky, Amazon o Disney+”, conclude Colletti.
Se non sei resiliente e flessibile
Quibi aveva inoltre un handicap in più che si è rivelato fatale durante la pandemia: le piattaforme di streaming sono particolarmente interessanti proprio perché versatili, multidevice, consentono, cioè, la fruizione dei contenuti senza soluzione di continuità, da smart tv a pc a tablet a smartphone, cosa che Quibi non prevedeva.
Disney è stata più avveduta: i suoi servizi online, Disney+, Hulu ed Espn+, sono stati il vero faro luminoso durante la pandemia. Il coronavirus ha costretto alla chiusura i parchi tematici di Walt Disney e appiattito l’attività cinematografica, con il pubblico tenuto lontano dalle sale. Le reti via cavo, una volta l’attività più redditizia di Disney, continuano a perdere abbonati. Quindi, investire in streaming online si è rivelata una scelta vincente e resiliente.
Due miliardi andati in fumo
Quibi aveva raccolto quasi due miliardi di dollari sul mercato, con investitori del calibro di JP Morgan, Alibaba e la stessa Disney. Ha gettato la spugna dando la colpa, in parte, alle sfide derivanti dalla pandemia di Covid-19. Ma non è questo l’unico motivo della sua sconfitta. Per Marina Pierri, direttrice artistica del Festival delle storie Tv, ad essere sbagliata era proprio la scelta del catalogo, “poco interessante e lontano dal gusto del pubblico più giovane”, osserva.
Cala il sipario sulla Startup nata a Hollywood
Ad ottobre, in una lettera aperta agli azionisti, Katzenberg diceva di voler vendere contenuti e risorse tecnologiche di Quibi per restituire il denaro a chi aveva dato fiducia al progetto acquistandone quote. In cassa è rimasto un ‘tesoretto’ da 350 milioni di dollari, che andranno però agli investitori. I creativi, che avevano creduto nel ‘safe harbor’, possono attendere.
Celia Guimaraes @viperaviola