Cosa succede se Internet diventa Splinternet

 

In Australia è passata la legge, del tutto inedita, che obbliga i colossi del web a pagare gli editori per i contenuti condivisi attraverso le loro piattaforme: un provvedimento che potrebbe essere preso come esempio in altri Paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, e che potrebbe frammentare Internet così come la conosciamo, con conseguenze positive ma anche negative

Da “Tanti auguri www”: la festa del 2011 per il papà del web, Tim Berners-Lee

A febbraio c’è stato il via libera al testo emendato: è la prima volta che i link ai contenuti vengono risarciti legalmente.
La ‘tassa sui link‘ è arrivata dopo un braccio di ferro con Facebook, che ha persino bloccato la condivisione dei contenuti delle testate giornalistiche australiane in risposta all’iniziativa del governo, salvo poi fare marcia indietro in cambio di alcune modifiche al testo di legge, mentre Google ha scelto la strada degli accordi direttamente con gli editori.

Resta il fatto che il testo definitivo attenua la rigidità dei punti più contestati dalle Big Tech. E’ stata vera vittoria? E per chi? Ne parliamo con Carola Frediani, giornalista, scrittrice e autrice della newsletter Guerre di Rete.

Shira Ovide, giornalista tech del New York Times, afferma che “l’idea utopica era che Internet [dei primordi] avrebbe aiutato ad abbattere i confini nazionali, ma per decenni analisti di tecnologia sostenevano che, invece, [la Rete] potrebbe alzare le barriere ancora di più”. Oggi siamo di fronte alla minaccia di frammentazione della rete e alcuni esempi sono sotto gli occhi di tutti, osserva ancora Carola Frediani:

Splinternet“, anche secondo l’avvocata indiana Mishi Choudhary, intervistata da Ovide, è una frammentazione già reale. Choudhary lavora per una ong che rappresenta i diritti degli utenti del web e degli sviluppatori di software e sostiene che, fino a circa dieci anni fa, i governi non avevano compreso appieno il potere di Internet.

Adesso invece vogliono averne maggiore controllo, per ragioni allo stesso tempo positive e negative: “I governi sono molto potenti e non amano essere scavalcati”, afferma. Cosa succederà se – o per meglio dire, quando – Internet diventerà Splinternet?

Celia Guimaraes @viperaviola

 

30 anni di www (e li dimostra tutti)

La comunità scientifica ha celebrato, il 12 marzo, il 30° anniversario del World Wide Web e in concomitanza Rai4, in prima visione assoluta, ha mandato in onda la serie televisiva ‘Halt and Catch Fire’, un ‘period drama’ che racconta il boom dei personal computer, dei videogame e di internet, attraverso le vicende di cinque personaggi. Una buona occasione (per chi non c’era) per conoscere quegli anni pieni di entusiasmo.

Al papà del www un regalo speciale

I timori di Sir Tim
Se trent’anni fa ha inventato il web, l’ha reso gratuito e aperto a tutti, ora invece Tim Berners-Lee teme per le sorti della sua creatura e vuole salvare la grande rete globale liberandola da incitamento all’odio, violazioni della privacy, manipolazione politica. L’informatico inglese papà del www si propone di farlo con un un contratto. “Noi che siamo online vediamo minacciati i nostri diritti e la nostra libertà”, ha detto durante il Web Summit di Lisbona – uno dei più grandi eventi di tecnologia e innovazione al mondo – , nel novembre scorso in Portogallo. Abbiamo bisogno di contratto – ha spiegato – che stabilisca “responsabilità chiare e severe”, vincolante per quanti hanno il potere di rendere Internet un posto migliore. Il progetto “For the web”, gestito dalla Fondazione no-profit creata da Tim Berners-Lee, sarà pubblicato integralmente a maggio. Chiede ai governi di garantire l’accesso a internet a tutti i cittadini e alle aziende di rispettare la privacy e i dati personali degli utenti, creando “contenuti di valore e pertinenti per tutti”.
Google e Facebook appoggiano i nuovi standard messi a punto da Tim Berners-Lee. Quasi 60 aziende, governi e business leader hanno firmato il contratto, inclusi Google, Facebook, il governo francese e il miliardario Richard Branson, fondatore della Virgin.

La piattaforma del Massachussets Institute if Technology
https://solid.mit.edu/
Tim Berners-Lee ha anche lanciato nell’ottobre 2018 Solid, una piattaforma open source sviluppata in collaborazione con il Mit che permette di decentralizzare la gestione dei dati, lasciando gli utenti liberi di decidere la gestione delle proprie informazioni, come un “sito web privato con i dati interoperabili con tutte le app”, dove vengono immagazzinate tutte le informazioni personali con link dall’esterno per potervi accedere. “True data ownership” è l’obiettivo di Solid, vale a dire controllo reale sui propri dati, attorno al quale si sta cercando di creare una community.