In Europa ci sono circa 4200 scaleup, in Italia 135 di cui solo una di grandi dimensioni. La situazione italiana sembra ancora peggiore nel rapporto Pil/popolazione. E gli investimenti sono in calo
(Silicon Valley)
Un anno fortunato per le startup europee, il 2017, con investimenti da venture capital per 19 miliardi di dollari. Meglio ancora l’annata delle ‘sorelle maggiori’ delle startup, realtà più mature, cresciute in dimensioni, fatturato, investimenti e espansione all’estero grazie partnership strategiche con grandi aziende. Si chiamano, in gergo, scaleup e hanno raccolto complessivamente oltre 21 miliardi di dollari, secondo i dati più recenti raccolti dall’organizzazione californiana Mind The Bridge per l’osservatorio di Sep, Startup europe partnership (qui un riassunto).
Italia in coda
La performance migliore – sia di startup che di scaleup – è del Regno Unito, seguito da Germania e Francia e dai Paesi scandinavi, mentre l’Italia, invece, va nella direzione opposta. Al quattordicesimo posto per investimenti in startup, con soli 100 milioni di dollari, in calo rispetto agli anni precedenti. E per quanto riguarda le scaleup il Bel paese, con 135 super-startup e 970 milioni di dollari in capitale raccolto, è all’undicesimo posto nella classifica europea. Prima della classe, la Gran Bretagna ha raccolto investimenti 22 volte superiori all’Italia per finanziare 1.550 scaleup. L’Italia è anche ben al di sotto della media europea nel rapporto popolazione/Pil: 0.9 scaleup ogni 100.000 abitanti e nel capitale raccolto/Pil: 0.32%. Insieme a Polonia e Austria occupa gli ultimi posti della classifica,
Un solo unicorno
Yoox resta l’unica vera scaleup italiana: il gigante fashion-tech ha raccolto 190 milioni di dollari e rappresenta circa il 20% del capitale totale raccolto da tutte le altre italiane. Tra le scaleup emergenti si segnalano FacilityLive, MoneyFarm, Musement, Mosaicoon, Cloud4Wi.
L’ecosistema delle scaleup italiano è composto da realtà di piccole dimensioni: l’86% delle scaleup ha raccolto finanziamenti tra 1 e 10 milioni di dollari e solo il 12% del totale ha raccolto oltre 50 milioni di dollari. Alcune scelgono di diventare “dual companies” e spostano la sede all’estero (quasi sempre Silicon Valley o Londra), pur mantenendo lo sviluppo in Italia: lo hanno fatto 22 scaleup, vale a dire il 16% del totale.
Il settore e-commerce (19%) guida in termini di volumi, seguito da fintech (10%) e digital media (9%). Ma i buoni risultati del 2016 in termini di crescita e capitale raccolto non sembrano confermati nel 2017. I dati preliminari evidenziano crescita zero, se non addirittura lieve ribasso.
#StartupDay
Di tutto questo si è parlato a Roma durante evento organizzato dall’agenzia Agi intitolato ‘#StartupDay: mettete il futuro al centro dei vostri programmi’, con la partecipazione dei principali protagonisti del mondo italiano delle startup e l’obiettivo di chiedere al titolare dello Sviluppo economico e alle forze politiche un Piano Nazionale per l’Innovazione. Ma le domande sono rimaste inevase. Perché le startup italiane non riescono a scalare i mercati nazionali e internazionali e per quale motivo il Bel Paese è in una posizione non invidiabile a confronto con gli altri Paesi europei? L’incontro, infatti, non ha portato i risultati attesi, almeno a giudicare da quanto scrive Alberto Onetti nel suo blog Silicon Valley:
Tutti, come il sottoscritto, in qualche misura tanto frustrati quanto corresponsabili di questo fallimento. Sì, come ha ben detto Massimiliano Magrini, non è stata una riunione sindacale del movimento startup perché non avrebbe avuto senso. È stata una analisi collettiva di quanto di giusto non è stato fatto e di quanto si potrebbe ancora fare per far decollare un aereo affossato sulla pista.È stato il riconoscimento del fallimento di anni di duro lavoro.
Chi meglio di Alberto Onetti per dirlo? Professore di Business Administration e Imprenditorialità a Varese e Visiting professor alla San Francisco State University, Onetti dal 2009 è presidente di Mind The Bridge, che ha curato il rapporto sulle scaleup Europee. Portare l’Italia nel futuro, tra investitori, imprenditori ed esperti del mondo italiano delle startup e del venture capital sembra richiedere, ancora, altri anni di duro lavoro.
Celia Guimaraes @viperaviola