Primo Big, Lg abbandona gli smartphone

Era uno dei dieci produttori mondiali di smartphone, ancora popolare negli Stati Uniti dove i marchi cinesi non sfondano

 

Cede in Borsa a Seul il 2,52% Lg Electronics, subito dopo aver diffuso la notizia che smetterà di produrre smartphone a causa delle perdite del ramo d’azienda registrate negli ultimi cinque anni.

L’azienda tecnologica sudcoreana ha annunciato la chiusura della propria divisione di telefonia mobile a livello globale. “La decisione strategica di Lg di uscire dal settore della telefonia – si legge in una nota – permetterà all’azienda di focalizzare maggiori risorse in altre aree di crescita come i componenti dei veicoli elettrici, i dispositivi connessi, la smart home, la robotica, l’intelligenza artificiale e le soluzioni business insieme a piattaforme e servizi”.

E’ stato precisato che “gli smartphone Lg attualmente disponibili continueranno a essere venduti, così come restano garantiti l’assistenza ai clienti e gli aggiornamenti software per un certo periodo di tempo, in base all’area geografica”. La graduale chiusura del business degli smartphone dovrebbe essere completata entro il 31 luglio prossimo.

Numero tre al mondo

Eppure gli smartphone Lg avevano conosciuto tempi migliori e ancora oggi i prodotti sono popolari negli Stati Uniti (dove marchi cinesi rivali come Oppo, Vivo e soprattutto Huawei e Xiaomi non hanno molta presenza a causa delle travagliate relazioni bilaterali) e in America Latina.

L’azienda sudcoreana era arrivata sul mercato con una serie di innovazioni per telefoni cellulari, comprese le fotocamere ultra grandangolari e, al suo apice nel 2013, era diventato il terzo produttore di smartphone al mondo dietro Samsung e Apple.

I problemi erano cominciati quando i modelli di punta hanno avuto problemi sia software che hardware, ma gli analisti ritengono che il colpo di grazia per i cellulari sia stata la mancanza di velocità nelle strategie di marketing rispetto ai rivali cinesi, che hanno fatto sparire dal mercato molti concorrenti mentre marchi come Nokia, Htc e Blackberry sono stati molto ridimensionati senza  scomparire completamente.

Secondo la società di ricerche di mercato Counterpoint l’attuale quota globale degli smartphone sudcoreani è del 2% circa. Nel 2020, pandemia compresa,  ha spedito 23 milioni di telefoni, contro i 256 milioni di Samsung. In Corea del Sud, i dipendenti della divisione soppressa verranno trasferiti in altre aziende e affiliate di Lg Electronics, mentre negli altri Paesi le decisioni saranno prese localmente. Alcuni esperti che hanno seguito  una videoconferenza di Lg hanno affermato che l’azienda intende conservare  i suoi brevetti tecnologici su 4G e 5G e i ricercatori impegnati a  sviluppare le tecnologie 6G.

Celia Guimaraes @viperaviola

Cosa succede se Internet diventa Splinternet

 

In Australia è passata la legge, del tutto inedita, che obbliga i colossi del web a pagare gli editori per i contenuti condivisi attraverso le loro piattaforme: un provvedimento che potrebbe essere preso come esempio in altri Paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, e che potrebbe frammentare Internet così come la conosciamo, con conseguenze positive ma anche negative

Da “Tanti auguri www”: la festa del 2011 per il papà del web, Tim Berners-Lee

A febbraio c’è stato il via libera al testo emendato: è la prima volta che i link ai contenuti vengono risarciti legalmente.
La ‘tassa sui link‘ è arrivata dopo un braccio di ferro con Facebook, che ha persino bloccato la condivisione dei contenuti delle testate giornalistiche australiane in risposta all’iniziativa del governo, salvo poi fare marcia indietro in cambio di alcune modifiche al testo di legge, mentre Google ha scelto la strada degli accordi direttamente con gli editori.

Resta il fatto che il testo definitivo attenua la rigidità dei punti più contestati dalle Big Tech. E’ stata vera vittoria? E per chi? Ne parliamo con Carola Frediani, giornalista, scrittrice e autrice della newsletter Guerre di Rete.

Shira Ovide, giornalista tech del New York Times, afferma che “l’idea utopica era che Internet [dei primordi] avrebbe aiutato ad abbattere i confini nazionali, ma per decenni analisti di tecnologia sostenevano che, invece, [la Rete] potrebbe alzare le barriere ancora di più”. Oggi siamo di fronte alla minaccia di frammentazione della rete e alcuni esempi sono sotto gli occhi di tutti, osserva ancora Carola Frediani:

Splinternet“, anche secondo l’avvocata indiana Mishi Choudhary, intervistata da Ovide, è una frammentazione già reale. Choudhary lavora per una ong che rappresenta i diritti degli utenti del web e degli sviluppatori di software e sostiene che, fino a circa dieci anni fa, i governi non avevano compreso appieno il potere di Internet.

Adesso invece vogliono averne maggiore controllo, per ragioni allo stesso tempo positive e negative: “I governi sono molto potenti e non amano essere scavalcati”, afferma. Cosa succederà se – o per meglio dire, quando – Internet diventerà Splinternet?

Celia Guimaraes @viperaviola

 

“Tu mi ami?” Gli auguri dei robot a ritmo di twist spaccano il web

“Tutta la nostra ‘banda’ si è riunita per celebrare l’inizio di quello che speriamo sarà un anno più felice: Buon Anno Nuovo da tutti noi di Boston Dynamics”. I robot dell’azienda americana, di recente passata ai sudcoreani, ballano e divertono…ma anche terrorizzano

Nata da una costola del Mit di Boston, l’azienda di Waltham – da poco acquistata dalla sudcoreana Hyundai –  non nuova alle sorprese, ha pubblicato una strabiliante sequenza di ballo da 2’55” con i loro robot, in perfetto sincronismo.

“Do You Love Me?”, twist scatenato di enorme successo nel 1962 – nella versione di The Contours –  ha fatto venire a molti la voglia di rock acrobatico.

A ballare, due dei modelli umanoidi Atlas, più Spot, il robot cane (che, tra tante altre funzioni, sorveglia i parchi a Singapore e perlustra l’ex centrale nucleare di Chernobyl) e Handle, un robot con le ruote progettato per lavori pesanti nei magazzini.

Spopola su YouTube, scoppia la polemica

Il video ha avuto oltre 16 milioni di visualizzazioni in 24 ore ed è entrato nella Top Five dei più visti su YouTube. C’è stato, in rete, un certo scetticismo sul fatto che i robot possano effettivamente ballare il twist in modo così realistico e si è ipotizzato l’uso di Computer Generated Image, molto diffuso nel cinema di animazione.  Ma persino il creatore di Tesla, Elon Musk,  ha ammesso su Twitter: “Questa non è CGI”.

La paura fa Terminator

Circa 160 mila persone hanno applaudito (con i ‘like’ sul video) le mosse dei robot, colpite dall’enorme salto in avanti fatto dalla tecnologia in questo campo. Altri, secondo MassLife, sembravano invece spaventati da tanta destrezza. Oltre 13 mila persone hanno criticato il video e molti hanno lasciato commenti negativi, anche su altri social media, che non sono stati censurati.

“Un po’ inquietante, devo ammetterlo”, ha twittato Carl Bildt, diplomatico svedese membro del Consiglio europeo per le relazioni estere. “Mi ami? Non quando vieni ad annientarci”, ha twittato Jan Nicolas, fotografo. Altri ancora si domandano cosa succederebbe se i robot avessero armi in dotazione, qualcuno ricorda la saga di Terminator e chiede “Dov’è Sara Connor?”.

Un successo per l’azienda diventata sudcoreana

Spot aveva fatto un ingresso trionfale al Web Summit di Lisbona nel novembre 2019, percorrendo il corridoio centrale dell’arena tra una folla di 60 mila giovani entusiasti. Nell’occasione, il Ceo di Boston Dynamics aveva raccontato la sua evoluzione, durata 5 anni, fino alla versione finale diventata disponibile al costo di circa 70 mila euro.

A metà dicembre 2020, esattamente un anno dopo la commercializzazione,  Spot e i suoi amici robot cambiano padrone, passando nelle mani di Hyundai, che ha acquistato Boston Dynamics. La multinazionale sudcoreana del settore automotive ha annunciato l’acquisizione da SoftBank il controllo dell’80% dell’azienda americana di robotica, una operazione da 1,1 miliardi di dollari.

Si tratta del terzo passaggio di proprietà per Boston Dynamics, dopo Google e la giapponese (con investimenti arabi) Softbank, che manterrà il restante 20%.

Più robot nell’automotive

L’obiettivo è unire le competenze di Boston Dynamics – che, oltre al famoso Spot, progetta robot industriali e per la telemedicina – all’esperienza di Hyundai nel settore della mobilità. Le applicazioni possibili vanno dalla guida autonoma, alla connettività, alle fabbriche smart e all’intelligenza artificiale applicata all’auto, in una rivoluzione tecnologica che coinvolga produzione, logistica, costruzione a automazione.

La concorrenza incalza

Di certo la Cina non è rimasta a guardare: ecco che si affaccia un nuovo concorrente nel mondo dei robot a quattro zampe, molto realistico e dal costo altamente competitivo. A1, il cane robotico della società cinese Unitree, ha fatto il suo debutto al Consumer Electronics Show (CES) di Las Vegas, all’inizio del 2020. Unitree dal maggio scorso utilizza in modo massiccio i social media per far vedere cosa A1 è in grado di fare: persino la lotta tra cani nel parco. E ballare. Il suo costo? 10 mila dollari.

Celia Guimaraes @viperaviola

 

 

Facebook, tra i buoni propositi di Zuckerberg la “nuova governance digitale”

 

Il Ceo si aspetta molto dal ricambio generazionale: “Le istituzioni non fanno ancora abbastanza per affrontare i problemi come cambiamento climatico, istruzione, casa sanità”. Mentre ribadisce che i suoi social, Facebook e Instagram, non devono interferire nel dibattito politico, per esempio vietando la pubblicità mirata

Mark Zuckerberg (Trent Nelson/The Salt Lake Tribune via AP)

Mark Zuckerberg (Trent Nelson/The Salt Lake Tribune via AP)

Il Ceo di Facebook Mark Zuckerberg, classe 1984, millennial di fatto, si porta avanti e passa direttamente ai buoni propositi per il prossimo decennio.

“Invece di sfide annuali cerco di pensare a cosa auguro per il mondo e per la mia vita, da qui al 2030″ ha scritto sul suo profilo personale sul social network.
E tra le cose importanti mette al primo posto il ricambio generazionale: “Entro la fine del decennio mi aspetto che molte istituzioni saranno guidate da millennial” spiega Zuckerberg – cosa più che probabile, se non altro per questioni anagrafiche.

E sarà un cambiamento soprattutto di prospettiva: “Ritengo che oggi molte importanti istituzioni nella nostra società non facciano ancora abbastanza per risolvere i problemi che le generazioni più giovani si trovano ad affrontare, dal cambiamento climatico ai costi dell’istruzione, dalla casa alla sanità”.

La governance delle comunità digitali
Zuckerberg ribadisce poi, ancora una volta, mettendolo tra le priorità, l’argomento delle “nuove forme di governance” per le comunità digitali, che tanto fa discutere negli ultimi tempi: “Non ritengo – ha scritto il Ceo –  che le società private debbano prendere così tante decisioni importanti che toccano i valori fondamentali della democrazia”, precisando che una delle strade da percorre è quella della regolamentazione.

Niente censura sulla pubblicità politica 
Menlo Park  ha infatti di recente riaffermato la sua decisione di non voler limitare sui social network del gruppo, Facebook e Instagram,  le inserzioni pubblicitarie dal contenuto politico mirate a specifici gruppi di persone e di non censurare la pubblicità politica, anche se basata su elementi non comprovati o distorti.

“Mentre Twitter ha scelto di bloccare gli annunci politici e Google ha scelto di limitare il targeting degli annunci politici, scegliamo di aumentare la trasparenza e dare più controllo alle persone quando si tratta di annunci politici”, ha scritto sul blog il Product manager di Facebook, Rob Leathern.

“In definitiva, aggiunge Leathern, non pensiamo che le decisioni in merito agli annunci politici debbano essere prese da società private, motivo per cui stiamo sostenendo una regolamentazione applicabile a tutto il settore”, mentre  “stiamo collaborando con i responsabili politici nell’Unione europea e altrove per sollecitare la richiesta di regolamentazione. Francamente, crediamo che prima Facebook e altre società saranno soggette a regole democraticamente responsabili su questo, meglio sarà”. E conclude: “In assenza di regolamentazione, Facebook e altre società decidono autonomamente le proprie politiche”.

Le preoccupazioni elettorali
Se Facebook, quindi, insiste sul fatto di non voler controllare i contenuti politici, i suoi critici contestano la concessione ai politici stessi di servirsi di pubblicità anche distorta, che non può essere facilmente monitorata, soprattutto in un anno di importanti scadenze come le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Ma Mark Zuckerberg va per la sua strada e, come ha ribadito ripetutamente, “Il discorso politico è importante” e Facebook non intende interferirvi.

Celia Guimaraes @viperaviola

Fintech all’assalto delle banche

Il Fintech,  matrimonio tra tecnologia e finanza, cresce da almeno dieci anni; ora  è in fase di ulteriore espansione. Con i grandi player del settore tecnologico in diretta competizione con le classiche banche

Colossi nati nella Silicon Valley come Google, Apple, Amazon, Facebook, oppure giganti del web come il cinese Alibaba sono in gara per la grande sfida del 2018. Quella che vedrà ulteriori occasioni di business grazie alle nuove regole Mifid e Psd, che ampliano l’offerta di investimenti mirati ai piccoli risparmiatori.

Servizi e prodotti digitalizzati hanno già sostituito gran parte delle tradizionali attività bancarie. E secondo la Banca d’Italia, entro 10 anni crollerà del 60% il profitti derivato dai prodotti finanziari per piccoli clienti.

In Italia siamo  ancora ai primi passi, ma lo smartphone  – soprattutto tra i millennial – è da qualche anno strumento per pagamenti via app  e trasferimento veloce di denaro. E introduce  altre innovazioni:  i prestiti personali sono  uno degli obiettivi di Facebook. Negli Stati Uniti il social network da due miliardi di utenti  ha reso possibile il trasferimento di piccole somme di denaro  tra i propri contatti al’interno di Messenger e ora intende espandere il servizio, via Irlanda, a tutta Europa. Punta ai conti risparmio per piccoli investitori, anche italiani,  la piattaforma di pagamenti online Paypal. Offre invece in alcuni Paesi (Stati Uniti, Giappone e UK) finanziamenti diretti ai propri rivenditori  fin dal 2011 il  gigante dell’e-commerce Amazon.

Ma è  Alibaba –  l’enorme marketplace online cinese – a guidare la corsa del Fintech grazie ad Alipay, il suo portafoglio per i pagamenti digitali, che ha in patria 450 milioni di utenti. Il gruppo ha stretto partnership con banche europee, in Francia, nel Regno Unito, in Svizzera e in Italia, e oltre 120 milioni di turisti cinesi, tramite l’app, possono fare spese in  quasi un milione di punti vendita del Vecchio Continente.  E secondo gli analisti è da tenere d’occhio proprio la Cina pronta a diventare il più grande bacino dei prestiti online.

Celia Guimaraes @viperaviola