Francia e Olanda contro la censura sul web

Un codice di condotta per le aziende hi-tech che trasferiscono prodotti in Paesi autoritari: questo l’obiettivo del gruppo interministeriale franco-olandese per la libertà d’espressione su internet. Nel mirino, Cina, Iraq, Birmania. Ma anche colossi come Siemens, Nokia, France Telecom.

 

La difesa della libertà d’espressione su internet è una preoccupazione prioritaria per Francia e Olanda, che si sono unite nel chiedere alle aziende specializzate in tecnologia di non collaborare con Paesi autoritari. I due Paesi stanno preparando un incontro a livello ministeriale per il prossimo ottobre.

L’obiettivo è quello di stabilire le linee guida per le compagnie che producono alta tecnologia, che potrebbe essere utilizzata per reprimere la democrazia sul web. L’uso dell’innovazione tecnologia per favorire la censura in rete è focalizzata soprattutto in Iran e Cina.

Il premio Nobel per la pace, l’iraniana Shirin Ebadi, ha accusato il gigante tedesco Siemens e la compagnia finlandese Nokia di fornire all’Iran la tecnologia necessaria per reprimere il dissenso. Jean-Francois Julliard, dell’associazione Reporters Sans Frontieres (RSF), ha accusato il provider francese Alcatel di vendere tecnologia al Myanmar, ex Birmania, e la Cisco Systems di cedere degli encoder alla Cina.

”Ci sarebbe anche da sollevare questioni sulla responsabilità della France Telecom, che è azionista degli operatori di Marocco e Tunisia, dove l’informazione su internet e tutt’altro che libera”, ha aggiunto Julliard.

Sostegno ai dissidenti

“Dobbiamo sostenere i cyberdissidenti come abbiamo sostenuto i dissidenti politici”, ha detto a Parigi il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, poco prima dell’apertura della prima sessione del gruppo pilota formato da Stati, imprese e Ong, incaricato di definire un quadro per la libertà d’espressione sul web.

“L’Iran ha bloccato dei siti e dei sociali network”, ha accusato da parte sua il capo della diplomazia olandese, Maxime Verhagen, sottolineando come questa censura sia una “violazione dei diritti umani”.

Rsf denuncia: 120 bloggers perseguitati
Per la prima volta dalla comparsa di Internet, nel 2009 Reporters sans frontières ha registrato almeno 120 casi di bloggers, cyber-dissidenti ed utenti internet imprigionati per aver espresso sul web le proprie opinioni.

Questa cifra, spiega l’associazione, illustra la repressione che imperversa contro la rete in una decina di Paesi. Molti Stati hanno adottato una politica di criminalizzazione assoluta nei confronti dell’espressione online. Il documento può essere consultato online.

(c.g.)

Più e-mail, meno file. Ma la Rete regge?

Parte oggi la Pec, la casella di posta elettronica certificata che ha il valore di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Il servizio, gratuito, disponibile per 50 milioni di italiani, è stato presentato dal ministro della Pubblica amministrazione Brunetta.

Per richiedere l’attivazione della Pec serve collegarsi al portale www.postacertificata.gov.it e seguire la procedura di registrazione online. Dopo 24 ore bisogna andare di persona in un ufficio postale abilitato, portando con sé un documento di riconoscimento e codice fiscale. Tra poco la Pec servirà anche al pagamento delle bollette, annuncia il ministro.

Manca la banda larga, manca il wireless

Speriamo nella rete. La banda larga, di cui l’Italia è ancora carente, è essenziale perche’ questo servizio funzioni, ha osservato il presidente di Telecom Italia, Galateri, partner della P.A. e Poste italiane per la fornitura.

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Il web va dove lo portano i bimbi

Per Nicholas Negroponte, internet dovrebbe essere gratis per tutti, ogni bambino dovrebbe avere il suo portatile. E, sui pericoli della Rete: “Il lato oscuro di internet è non averlo”

 

“Dare un laptop ad ogni bambino afghano costerebbe 1 miliardo di dollari. Vale a dire quanto tre giorni di guerra in Afghanistan”.

Per Nicholas Negroponte, a Roma per la conferenza “Dove ci porta il web?” nell’ambito del Festival delle Scienze, il futuro della Rete sono proprio i bambini, per i quali promuove da quasi vent’anni l’iniziativa no-profit   “One laptop per child”.  Grazie a questo programma sono stati consegnati milioni di portatili nei Paesi più lontani, dall’Afghanistan all’Uruguai, alla Corea, alla Nigeria.

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