Da Big Tech a piccole aziende, tutti ‘rubano’ i superpoteri a Spiderman

Questa è la seconda di una serie di mini-racconti sulla tecno-resilienza

Chi si occupa di tecnologia ha escogitato mille modi per riuscire, in un mondo sconvolto dalla pandemia, a reinventarsi. Oppure a sfruttare al meglio il tempo, quasi ‘dilatato’, a disposizione. E per loro non è stato complicato, visto che molti sono tra i pionieri del digitale. Chi ha riaperto il Bar Arduino, come Massimo Banzi, chi ha scritto libri.

 

 

Chissà se il compianto Stan Lee sarebbe contento di sapere che uno dei suoi più amati ‘supes’, l’Uomo Ragno, è diventato l’ispiratore di un libro sui brand, i marchi aziendali.

Da un grande potere derivano grandi responsabilità“, il motto di Spider-man, già nel 1962, secondo Giampaolo Colletti conteneva l’idea che è diventata oggi il manifesto dei brand d’eccellenza, anche e  soprattutto a causa della pandemia.

“Quello odierno è un marketing dai superpoteri per brand che diventano – grazie ad azioni e narrazioni concrete – dei veri e propri supereroi”, racconta Colletti, autore di Spider-Brand. Ma quali sarebbero questi superpoteri?

Gli Spider-Brand vogliono quindi mostrarsi dinamici, proattivi, talvolta divisivi, puntano su nuovi modelli di Reputation.  Scendono in persona nell’agone digitale e anche in quello politico (il caso Trump-Twitter insegna). “Hanno tutte le armi necessarie per interpretare la contemporaneità”.

Persino il campione giamaicano Usain Bolt, uno degli atleti più premiati di tutti i tempi, è stato ingaggiato da un’azienda per offrire intrattenimento virtuale. Gli esempi sono tanti: dalla catena di ristorazione che ha deciso di regalare a migliaia di clienti abbonamenti a streaming tv, ai concerti virtuali sponsorizzati su Instagram Live. Ma perché i brand cercano apparire ‘buoni’, responsabili, sensibili ai nuovi bisogni emersi con la pandemia?

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Sulla scia dei superpoteri, “sono anche nate nuove figure professionali come il Chief entertainment officer“, aggiunge Colletti. Spider-Brand, con la prefazione dell’attore e doppiatore Pino Insegno, è edito da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi.

Celia Guimaraes @viperaviola

What Went Wrong: la caduta nella polvere di Quibi, la Startup di Hollywood

Nata come principessa delle favole del cinema, è fallita in meno di sei mesi come la più banale delle startup della Silicon Valley. La velocissima ascesa e caduta di Quibi, piattaforma innovativa su cui grandi nomi del tech hanno investito due miliardi di dollari

(quibi.com)

(quibi.com)

Quibi significa quick bites – morsi veloci – e voleva essere una formula innovativa nell’affollato panorama dei servizi di streaming.  Lanciata ad aprile, era una piattaforma pensata apposta per ‘mobile’, con un catalogo di video brevi, dalla durata tra sette e dieci minuti. Abbonamenti mensili a 8 dollari, senza pubblicità, 5 dollari con gli spot. E con un target di pubblico ben preciso: giovane, pronto a fruire dei video ‘on the go’, esclusivamente su smartphone, in orizzontale e verticale.

Potenza di Hollywood

Jeffrey Katzenberg (Ansa/EPA/JULIEN WARNAND)

Jeffrey Katzenberg (Ansa/EPA/JULIEN WARNAND)

L’idea era stata concepita da Jeffrey Katzenberg, che ha dalla sua un curriculum di peso: per dieci anni presidente dei Walt Disney Studios (1984 al 1994), è considerato fautore di successi come La sirenetta, La bella e la bestia, Aladino, il Re leone, poi co-fondatore e Ceo della DreamWorks Animation, dove ha tenuto a battesimo film d’animazione come Shrek, Madagascar, Kung Fu Panda, Monsters versus Aliens.

Per il lancio Quibi, Katzenberg è stato chiamato da tutte le principali reti tv americane, e ha definito la piattaforma un  ‘safe harbor’ una sorta di casa felice – e legalmente protetta – per i creativi, dove i filmmaker avrebbero potuto portare short movie e shows, conservandone però i diritti d’autore sulle opere, una concessione non da poco nell’ambiente.

Una formula seducente, che aveva attirato – e poi deluso – anche i grandi network come Nbc e Cbs, che avevano subito cominciato a produrre news in formato ‘Quick bites’. Potenza del nome Katzenberg, che a Hollywood non è proprio l’ultimo arrivato.

What went wrong?

“La chiusura anticipata di un progetto come Quibi racconta l’evoluzione dei consumi digitali dei pubblici e di come sia difficile intercettare l’attenzione in questo tempo necessariamente casalingo ma multitasking”, osserva Giampaolo Colletti, giornalista ed esperto di media digitali.

“La virata dell’industria dell’audiovisivo dal grande schermo a quello miniaturizzato degli smartphone non ha sortito gli effetti sperati. Quibi avrebbe dovuto rappresentare una tv miniaturizzata fruibile esclusivamente sui dispositivi mobili. Una tv da sgranocchiare con ‘piccoli bocconi’, questo il senso del nome, con un servizio di streaming a pagamento e col coinvolgimento delle star di Hollywood: Jennifer Lopez, Idris Elba, Bill Murray, Sophie Turner, Steven Spielberg, Chrissy Teigen. Ma di fatto è un altro effetto collaterale digitale dello tsunami legato alla pandemia: Quibi avrebbe dovuto allietarci in fila da Starbucks o in metropolitana, ma nel frattempo il mondo è cambiato totalmente e la startup si è trovata a competere nel salotto di casa coi colossi di Sky, Amazon o Disney+”, conclude Colletti.

Se non sei resiliente e flessibile

Quibi aveva inoltre un handicap in più che si è rivelato fatale durante la pandemia: le piattaforme di streaming sono particolarmente interessanti proprio perché versatili, multidevice, consentono, cioè, la fruizione dei contenuti senza soluzione di continuità, da smart tv a pc a tablet a smartphone, cosa che Quibi non prevedeva.

Disney è stata più avveduta: i suoi servizi online, Disney+, Hulu ed Espn+, sono stati il vero faro luminoso durante la pandemia. Il coronavirus ha costretto alla  chiusura i parchi tematici di Walt Disney e appiattito l’attività cinematografica, con il pubblico tenuto lontano dalle sale. Le reti via cavo, una volta l’attività più redditizia di Disney, continuano a perdere abbonati. Quindi, investire in streaming online si è rivelata una scelta vincente e resiliente.

Due miliardi andati in fumo

Quibi aveva raccolto quasi due miliardi di dollari sul mercato, con investitori del calibro di JP Morgan, Alibaba e la stessa Disney. Ha gettato la spugna dando la colpa, in parte, alle sfide derivanti dalla pandemia di Covid-19. Ma non è questo l’unico motivo della sua sconfitta. Per Marina Pierri, direttrice artistica del Festival delle storie Tv, ad essere sbagliata era proprio la scelta del catalogo, “poco interessante e lontano dal gusto del pubblico più giovane”, osserva.

Cala il sipario sulla Startup nata a Hollywood

Ad ottobre, in una lettera aperta agli azionisti, Katzenberg diceva di voler vendere contenuti e risorse tecnologiche di Quibi per restituire il denaro a chi aveva dato fiducia al progetto acquistandone quote. In cassa è rimasto un ‘tesoretto’ da 350 milioni di dollari, che andranno però agli investitori. I creativi, che avevano creduto nel ‘safe harbor’, possono attendere.

Celia Guimaraes @viperaviola

Wwworkers, il manifesto dei piccoli imprenditori digitali dal ‘cuore verde’

 

Un manifesto per definire come fare impresa nel rispetto dell’ambiente grazie al digitale e alle nuove tecnologie. È il progetto lanciato dalla community dei lavoratori della rete Wwworkers.it che ha riunito alla Camera dei Deputati per il quinto Wwworkers Camp – organizzato in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare Innovazione e con il sostegno di Google e eBay – i piccoli imprenditori sostenibili, circolari, verdi, attenti all’impatto sul territorio, definiti dal Financial Times “eco-guerrieri”.

Wwworkers.it è la community che aggrega i lavoratori italiani della rete: piccoli imprenditori, artigiani, contadini digitali che grazie alle nuove tecnologie stanno innovando e ampliando il proprio business, fondata nel 2010 da Giampaolo Colletti, giornalista e scrittore, che qui spiega gli obiettivi dell’evento:

Prodotti, processi, servizi dal cuore verde

Come la casa del futuro di Tiziana Monterisi, costruita con gli scarti del riso. Gli impianti di coltura idroponica di Ferrari Farm, ispirati a Marte, unici in Europa, o ancora quelli di The Circle che uniscono acquacoltura e acquaponica.

E le traverse ferroviarie “intelligenti” di Giovanni De Lisi realizzate con pneumatici e plastica da rifiuto, e ancora Hurba il primo scooter 100% elettrico con batteria estraibile che si ricarica in 20 minuti dalla presa di corrente di casa, come anche le creazioni di design di Gustavo Aguerrevengoa che fanno rivivere Ferrari d’epoca e le sneakers Womsh in pelle nata dalle mele.

E lo storico ristorante torinese del 1700 che rinasce grazie alla filiera di prodotti a basso impatto.

Paola Pisano: il diritto di innovare

Davanti alla platea di piccoli imprenditori eco-guerrieri il ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano: “L’innovazione ecosostenibile è innovazione virtuosa. L’innovazione che dobbiamo e vogliamo sostenere anche come Governo”, ha dichiarato il ministro, che ha annunciato un emendamento per venire incontro alle esigenze dei piccoli imprenditori digitali: “Noi abbiamo deciso di partite dal diritto a innovare: un nuovo diritto semplice e dirompente allo stesso tempo. Abbiamo appena presentato un emendamento nella manovra di bilancio allo scopo di stabilire che chi ha un’idea imprenditoriale che appare irrealizzabile in ragione di una norma di legge o regolare potrà chiedere allo Stato di innovare in deroga e fare impresa per un periodo limitato di tempo. Lo Stato osserverà da vicino, misurerà l’impatto dell’innesco sulla società e se l’impatto sarà positivo cambierà le regole per spianare la strada a chiunque voglia fare impresa e innovazione in quella direzione”.

Celia Guimaraes @viperaviola