Fermare Wikileaks ad ogni costo

Le polemiche negli Stati Uniti su Wikileaks e il suo fondatore Julian Assange non accennano a placarsi. Marc Thiessen, in un durissimo editoriale sul Washingont Post, sostiene che il sito “va fermato“ e Assange “consegnato alla giustizia”. La pubblicazione di documenti “riservati”, infatti, sarebbe “una violazione dell’Espionage Act”, e fornirebbe “un supporto materiale al terrorismo”. Dal ‘Guardian’ e dal ‘Time’ le repliche più accese.

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Francia e Olanda contro la censura sul web

Un codice di condotta per le aziende hi-tech che trasferiscono prodotti in Paesi autoritari: questo l’obiettivo del gruppo interministeriale franco-olandese per la libertà d’espressione su internet. Nel mirino, Cina, Iraq, Birmania. Ma anche colossi come Siemens, Nokia, France Telecom.

 

La difesa della libertà d’espressione su internet è una preoccupazione prioritaria per Francia e Olanda, che si sono unite nel chiedere alle aziende specializzate in tecnologia di non collaborare con Paesi autoritari. I due Paesi stanno preparando un incontro a livello ministeriale per il prossimo ottobre.

L’obiettivo è quello di stabilire le linee guida per le compagnie che producono alta tecnologia, che potrebbe essere utilizzata per reprimere la democrazia sul web. L’uso dell’innovazione tecnologia per favorire la censura in rete è focalizzata soprattutto in Iran e Cina.

Il premio Nobel per la pace, l’iraniana Shirin Ebadi, ha accusato il gigante tedesco Siemens e la compagnia finlandese Nokia di fornire all’Iran la tecnologia necessaria per reprimere il dissenso. Jean-Francois Julliard, dell’associazione Reporters Sans Frontieres (RSF), ha accusato il provider francese Alcatel di vendere tecnologia al Myanmar, ex Birmania, e la Cisco Systems di cedere degli encoder alla Cina.

”Ci sarebbe anche da sollevare questioni sulla responsabilità della France Telecom, che è azionista degli operatori di Marocco e Tunisia, dove l’informazione su internet e tutt’altro che libera”, ha aggiunto Julliard.

Sostegno ai dissidenti

“Dobbiamo sostenere i cyberdissidenti come abbiamo sostenuto i dissidenti politici”, ha detto a Parigi il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, poco prima dell’apertura della prima sessione del gruppo pilota formato da Stati, imprese e Ong, incaricato di definire un quadro per la libertà d’espressione sul web.

“L’Iran ha bloccato dei siti e dei sociali network”, ha accusato da parte sua il capo della diplomazia olandese, Maxime Verhagen, sottolineando come questa censura sia una “violazione dei diritti umani”.

Rsf denuncia: 120 bloggers perseguitati
Per la prima volta dalla comparsa di Internet, nel 2009 Reporters sans frontières ha registrato almeno 120 casi di bloggers, cyber-dissidenti ed utenti internet imprigionati per aver espresso sul web le proprie opinioni.

Questa cifra, spiega l’associazione, illustra la repressione che imperversa contro la rete in una decina di Paesi. Molti Stati hanno adottato una politica di criminalizzazione assoluta nei confronti dell’espressione online. Il documento può essere consultato online.

(c.g.)

Hillary Clinton invia Google, Twitter e YouTube in Iraq

La rinascita del Paese passa dal Web 2.0 e dalle tecnologie statunitensi. Con l’aiuto del Dipartimento di Stato e la benedizione del suo Segretario

L’annuncio è stato dato dal portavoce del Dipartimento di Stato americano , Robert Wood: Google, AT&T, YouTube e Twitter sono partiti per l’Iraq per capire come migliorare le condizioni di vita locali. Secondo il Dipartimento, le nuove tecnologie sarebbero in grado di rafforzare lo stato civile, aumentare la trasparenza, diminuire la corruzione e in genere alimentare la coesione. In che modo lo faranno non è stato però chiaramente specificato. La missione tecno-diplomatica, la prima del genere in Iraq, è cominciata il 19 aprile e durerà fino al 23.
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