Le domande di registrazioni di brevetti internazionali sono in calo in tutto il mondo, ma non in Cina. E vanno benissimo soprattutto le richieste di copyright per nuovi applicativi e software. In testa le potenti Zte e Huawei, che producono il 90% delle internet keys e sono sospettate di dumping. L’America si difende grazie a Apple e Microsoft.
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Animali torturati per legge
L’8 settembre segnerà una data storica per gli animal, ma in senso negativo. Il Parlamento europeo voterà il testo definitivo della direttiva sulla vivisezione, meno restrittivo rispetto alla normativa in vigore. E in Rete partono le raccolte di firme per bloccare il provvedimento. Peccato che ormai sia troppo tardi.
Chiavetta senza sorprese
Dall’Autorità garante per le comunicazioni, nuove misure per tutelare abbonati ed utenti dal “bill shock”, gli addebiti oltre la soglia mensile per collegamenti a Internet. Niente più bollette astronomiche a sorpresa, sia per chi naviga con la chiavetta Usb sia per le connessioni da rete mobile.
Gli utenti potranno avere il controllo dei propri consumi grazie a un allarme – un sms, un messaggio di posta elettronica o una finestra di “pop-up” sul proprio pc – che li informerà se stanno raggiungendo il tetto prefissato di spesa, il credito residuo, del passaggio ad un’eventuale altra tariffa e del relativo costo. E qualora il cliente non abbia dato, anticipatamente e per iscritto, indicazioni diverse, superato il plafond la connessione sarà interrotta.
Pedofilia, privacy e Facebook
In Gran Bretagna il social network metterà un pulsante per denunciare possibili approcci da parte di pedofili. In Germania, un ministro chiede più tutela per la privacy su Fb. E al Parlamento europeo si discute la direttiva sulla traccibilità dei pedofili.
Panic button su Fb
Facebook UK ha ceduto alle critiche e pressioni e ha lanciato una nuova applicazione per denunciare comportamenti sessuali sospetti e abusi nei confronti di minori, creata in collaborazione con l’associazione britannica ‘Child Exploitation and Online protection centre’ (Ceop). Un vero e proprio ‘panic button’: con un click i ragazzi possono immediatamente entrare in contatto con il Ceop per fa denunce o chiedere aiuto. Il servizio è stato pensato per i ragazzi tra i 13 ai 18 anni, ma tutti gli utenti avranno avranno la possibilità di accedere ai servizi offerti dal Ceop. Facebook lancerà una massiccia campagna di sensibilizzazione per far sapere ai giovani utenti della nuova funzione, invitandoli a scaricarla sul loro profilo.
Più privacy per tutti
Per la ministra tedesca per la Tutela dei consumatori, Ilse Aigner, bisogna fare qualcosa affinché “internet non diventi la gogna del XXI secolo”. All’inizio di giugno, la Aigner ha perfino cancellato il proprio profilo virtuale da Facebook, sottolineando di non poter e voler accettare il fatto che una società leader del settore violi la legge sulla protezione della riervatezza e ignori la sfera privata dei propri membri. “Avremmo bisogno di un codice d’onore, una sorta di codice di condotta per Internet, dieci regole d’oro chiare e concise”, ha spiegato Aigner in un’intervista a Die Welt. “Queste norme possono venire solo dalla comunità internet, sarebbe bello se gli utenti avanzassero delle proposte”.
Meno privacy per i pedofili
No alla revisione ‘garantista’ della direttiva europea sulla rintracciabilità dei colpevoli di adescamento di minori tramite i social network e pubblicazione di immagini e filmati pedopornografici su internet. Lo chiede l’europarlamentare Tiziano Motti, che ha incontrato le Commissarie responsabili per la Libertà, Giustizia e Affari interni, Viviane Reding e Cecilia Malmstrom. L’adozione da parte del Parlamento Europeo di una proposta di risoluzione contro la pedopornografia e la pedofilia in internet ha incontrato l’ostilità di Stati membri come Germania, Irlanda, Romania, Belgio, Bulgaria, Austria e Svezia: la ritengono in contrasto con il diritto primario nazionale per decisione dei giudici delle Corti nazionali ed europee, e ne chiedono una revisione riduttiva.
(c.g.)
Francia e Olanda contro la censura sul web
Un codice di condotta per le aziende hi-tech che trasferiscono prodotti in Paesi autoritari: questo l’obiettivo del gruppo interministeriale franco-olandese per la libertà d’espressione su internet. Nel mirino, Cina, Iraq, Birmania. Ma anche colossi come Siemens, Nokia, France Telecom.
La difesa della libertà d’espressione su internet è una preoccupazione prioritaria per Francia e Olanda, che si sono unite nel chiedere alle aziende specializzate in tecnologia di non collaborare con Paesi autoritari. I due Paesi stanno preparando un incontro a livello ministeriale per il prossimo ottobre.
L’obiettivo è quello di stabilire le linee guida per le compagnie che producono alta tecnologia, che potrebbe essere utilizzata per reprimere la democrazia sul web. L’uso dell’innovazione tecnologia per favorire la censura in rete è focalizzata soprattutto in Iran e Cina.
Il premio Nobel per la pace, l’iraniana Shirin Ebadi, ha accusato il gigante tedesco Siemens e la compagnia finlandese Nokia di fornire all’Iran la tecnologia necessaria per reprimere il dissenso. Jean-Francois Julliard, dell’associazione Reporters Sans Frontieres (RSF), ha accusato il provider francese Alcatel di vendere tecnologia al Myanmar, ex Birmania, e la Cisco Systems di cedere degli encoder alla Cina.
”Ci sarebbe anche da sollevare questioni sulla responsabilità della France Telecom, che è azionista degli operatori di Marocco e Tunisia, dove l’informazione su internet e tutt’altro che libera”, ha aggiunto Julliard.
Sostegno ai dissidenti
“Dobbiamo sostenere i cyberdissidenti come abbiamo sostenuto i dissidenti politici”, ha detto a Parigi il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, poco prima dell’apertura della prima sessione del gruppo pilota formato da Stati, imprese e Ong, incaricato di definire un quadro per la libertà d’espressione sul web.
“L’Iran ha bloccato dei siti e dei sociali network”, ha accusato da parte sua il capo della diplomazia olandese, Maxime Verhagen, sottolineando come questa censura sia una “violazione dei diritti umani”.
Rsf denuncia: 120 bloggers perseguitati
Per la prima volta dalla comparsa di Internet, nel 2009 Reporters sans frontières ha registrato almeno 120 casi di bloggers, cyber-dissidenti ed utenti internet imprigionati per aver espresso sul web le proprie opinioni.
Questa cifra, spiega l’associazione, illustra la repressione che imperversa contro la rete in una decina di Paesi. Molti Stati hanno adottato una politica di criminalizzazione assoluta nei confronti dell’espressione online. Il documento può essere consultato online.
(c.g.)