Nemmeno trent’anni, e li dimostra tutti. Nel 2019 internet sarà al 50/50: utilizzata da metà della popolazione mondiale. Un traguardo raggiunto in fretta, forse troppa. Tanto che si parla sempre più di ‘aggiustare’ la Rete, nata libera, aperta, disponibile per tutti, diventata nel frattempo qualcosa di molto diverso
Trent’anni fa ha inventato il web, l’ha reso gratuito e aperto a tutti, ora la vuole salvare la grande rete globale liberandola da incitamento all’odio, violazioni della privacy, manipolazione politica, Tim Berners-Lee, l’informatico inglese papà del www, si propone di farlo con un un contratto. “Noi che siamo online vediamo minacciati i nostri diritti e la nostra libertà”, ha detto durante il Web Summit di Lisbona, in Portogallo, uno dei più grandi eventi di tecnologia e innovazione al mondo. Abbiamo bisogno di contratto – ha spiegato – che stabilisca “responsabilità chiare e severe”, vincolante per quanti hanno il potere di rendere Internet un posto migliore.
Il progetto “For the web”, gestito dalla Fondazione no-profit creata da Tim Berners-Lee, sarà pubblicato integralmente a maggio. Chiede ai governi di garantire l’accesso a internet a tutti i cittadini e alle aziende di rispettare la privacy e i dati personali degli utenti, creando “contenuti di valore e pertinenti per tutti”. Più di 50 aziende e organizzazioni, tra cui Facebook , Google e il governo francese hanno già aderito.
Se accendere il computer e navigare tra siti web è quanto di più comune ci sia nella nostra vita quotidiana, dobbiamo ringraziare Tim Berners-Lee, che ha creato il world wide web, la Rete globale, nel 1991 per far dialogare tra loro i ricercatori del Cern di Ginevra. Non ha mai voluto brevettare la sua creatura, diventata di pubblico dominio, quindi gratuita, nel 1993.
L’internet aperta e libera rischia di chiudersi
“Per certi aspetti internet non è poi così…open. Oggi, infatti, sembra che siano due i modelli predominanti”, sostiene Peter Mühlmann, fondatore e Ceo di Trustpilot (piattaforma danese nata nel 2007 che pubblica recensioni di clienti di e-commerce).
“Da un lato c’è il modello occidentale, guidato da un piccolo ma potente gruppo di colossi tecnologici, che in larga misura decide e controlla il modo in cui usiamo internet”, sostiene Muhlmann, e c’è anche “il modello costruito e gestito da regimi autoritari, dove i governi provano a controllare l’uso di internet ed operano una rigida vigilanza sul traffico dati.”
Il pericolo paventato dal fondatore di Trustpilot è che i due modelli di internet, quello diffuso in occidente e quello sotto i regimi, “hanno in comune il potere di chiudere lo spazio aperto che il web rappresenta.”, il che li renderebbe, in definitiva, uguali nei risultati.
Tolleranza zero
Muhlmann chiede assunzione di responsabilità, a cominciare dalle aziende, compresa la sua – che per altro negli anni non è stata immune da critiche, come si può infatti leggere su Wikipedia: “indagini indipendenti hanno rivelato che siti web di recensioni come Trustpilot hanno recensioni false su scala quasi industriale (…) sebbene Trustpilot insista che si sforza di includere solo recensioni autentiche.” Ma è la stessa azienda a respingere le accuse e a sottolineare la propria politica di tolleranza zero e di investimenti per contrastare l’utilizzo fraudolento della piattaforma:
Trustpilot ha una politica di tolleranza zero nei confronti di un cattivo uso della propria piattaforma. Investe molto in questo settore e adotta una serie di misure per combattere i tentativi di violazione delle proprie linee guida, che tutti devono rispettare. Un software specializzato consente di esaminare le recensioni 24 ore su 24 per identificare e rimuovere automaticamente quelle ritenute false. Dispone, inoltre, di un attento Compliance Team che indaga parallelamente su recensioni segnalate o comportamenti sospetti. Sia aziende che consumatori supportano la lotta contro le false recensioni, segnalando quelle sospette su cui poi Trustpilot si impegna ad indagare. Tutti investimenti necessari quando si crede tanto nel valore dell’Open Internet.
Per combattere l’inquinamento di internet, secondo Mahlmann, sono necessarie azioni più incisive: “Un titolare di attività commerciale è finito sotto processo in Italia per aver venduto false recensioni su TripAdvisor ad altre aziende nel settore alberghiero. Sebbene a livello legislativo sia necessaria molta attenzione nello stabilire ciò che è ‘vero’ online e ciò che invece è falso (dal momento che si rischia di intaccare il diritto alla libertà di parola), un procedimento penale contro le recensioni fraudolente è un ottimo esempio da seguire per gli altri governi.”. E sottolinea: “è necessario che ognuno di noi si assuma parte di responsabilità e cominci a pensare diversamente, se vogliamo proteggere e promuovere una delle invenzioni più grandi dell’era moderna: l’open internet (…) e anche i governi assicurino e rafforzino il rispetto delle regole, portando ai massimi livelli il nostro mondo aperto ed online.”
Celia Guimaraes @viperaviola